domenica 21 agosto 2011

Il seminatore al tramonto, Museo Kröller-Müller do Otterlo




Ci piacerebbe ricominciare cosí, come quel seminatore che Vincent Van Gogh dipinge nel 1888. Eccoci di nuovo immersi in quel quotidiano starnazzare, nostro prima di tutto, ma che infastidisce riflesso negli altri. Ancora una volta ci troviamo davanti alla tentazione di cedere, di gridare come tutti, di consumare tutto in fretta, presi dalla rabbia di non riuscire a soddisfare quei mille desideri che ci vengono inculcati. Non ci siamo nemmeno accorti che tutto questo ci é stato buttato addosso, ci sembrava giusto anzi, desiderare il vestito alla moda, il cellulare, quella rivista, l’aperitivo nel bar sulla spiaggia dove c’é quello li che mi sorride sempre, il computer, l’ultimo commento del bellone su Facebook.

A DaSeyn piacerebbe ricominciare quest’anno come quell’uomo solo nel suo campo (eppure le pennellate rapide che danno forma al suo volto e alla sua postura lasciano trasparire la sicurezza di essere accompagnato. “Di sicuro il raccolto sarà buono, di sicuro riabbracceró la mia famiglia stasera, di sicuro questo seme che getto oggi sarà il pane che ci terrà in vita domani” sembra pensare quel giovane). E’ presente quel seminatore, immerso nella suo campo a testa alta, cosciente che il seme ricevuto, ch’egli custodisce con una mano nella sua saccoccia e che dona alla terra con l’altra, dà senso e rende fertile quella realtà, quel suo esistere per un certo periodo in questo mondo. Lui lo sa che il raccolto non dipenderà solo dal suo seminare. Ma quel seme amato e gettato sembra promettere già che dopo il tramonto di oggi, gli verrà dato un altro giorno, un altro campo rigoglioso e nuovo. Ecco, quel seme ancora immaturo gettato sperando che la terra e il tempo lo aiutino a crescere, é simile alla sicurezza che si prova quando sentiamo il nostro nome pronunciato da chi ci ama, la sicurezza che ci ha dato lo sguardo buono di nostra madre o l’affetto gratuito di un amico, segni di un amore più grande e immeritato. Seminare quel positivo che noi abbiamo intravisto, o meglio che si é lasciato intravedere, che ha fatto capolino, nel nostro campo da coltivare. Di che si tratta? E io chi sono? Vogliamo ricominciare da lí, dall’interrogare la realtà come dato oggettivo (e l’arte, in quanto ricerca umana del senso della realtà) perché possa svelarsi il positivo nascosto nel cuore dell’uomo sotto strati di cose e desideri inutili, per poterne informare tutte le cose che abbiamo tra le mani. Buon rientro.

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