mercoledì 9 novembre 2016

The Japanese House / Architettura e vita dal 1945 a oggi :: MAXXI - Roma

Co-organizzata da Japan Foundation, Tokyo e MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma, e coprodotta da Japan Foundation, MAXXI, Barbican Centre e il National Museum of Modern Art di Tokyo, la mostra racconta l’importanza del progetto della casa in Giappone attraverso il lavoro di archistar come Kenzo TangeToyo ItoKazuyo Sejima e Shigeru Ban, e dei loro maestri meno conosciuti in occidente come ShiraiShinoharaSakamoto e di giovani straordinariamente promettenti.
Convivenza tra tradizione e innovazione architettonica, tra natura e artificio, materiali antichi e tecnologicamente evolutila: lo spazio domestico è la chiave d’accesso all’intera cultura metropolitana del Giappone di oggi.
La mostra presenta gli aspetti essenziali della casa giapponese, rivelando la ricchezza espressiva dei progetti e la loro capacità di creare sempre una inattesa armonia tra uomo, edificio e contesto.
Disegni, modelli, fotografie d’epoca e contemporanee insieme a video, interviste, spezzoni di film, manga e opere di artisti compongono il percorso di mostra insieme alle riproduzioni in scala reale di frammenti e sezioni di edifici particolarmente significativi, nell’allestimento progettato da Atelier Bow-Wow in collaborazione con il museo.

giovedì 13 ottobre 2016

Nobel per la letteratura 2016 a Bob Dylan


Bob Dylan
The Nobel Prize in Literature for 2016 is awarded to Bob Dylan

"for having created new poetic expressions within the great American song tradition".

May God bless and keep you always
May your wishes all come true
May you always do for other
And let others do for you
May you build a ladder to the star
And climb on every rung,
May you stay forever young,
Forever young, forever young,
May you stay forever young.

May you grow up to be righteous,
May you grow up to be true,
May you always know the truth
And see the lights surrounding you.
May you always be courageous,
Stand upright and be strong,
May you stay forever young,
Forever young, forever young,
May you stay forever young.

May your hands always be busy,
May your feet always be swift,
May you have a strong foundation
When the winds of changes shift.
May your heart always be joyful,
May your song always be sung,
May you stay forever young,
Forever young, forever young,
May you stay forever young.

mercoledì 12 ottobre 2016

I nostri venticinque lettori

Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull’animo del poveretto, quello che s’è raccontato. Lo spavento di que’ visacci e di quelle parolacce, la minaccia d’un signore noto per non minacciare ...

Alessandro Manzoni, I promessi sposi


martedì 11 ottobre 2016

Kendrick Lamar e la città

Kendrick Lamar, autore degli album più acclamati degli ultimi anni (To pimp a butterfly è fra i primi cinque posti in qualsiasi classifica dei migliori album del 2015), non è un musicista lineare. Per ascoltare un suo album o un suo pezzo ci vuole un certo impegno: basi che cambiano ogni 30 secondi circa, interruzioni brusche, frasi parlate, flow velocissimo, un'atmosfera anni 70, tra il soul e il progressive, molto acida.
Il video di Alright, diretto da Colin Tilley, forse ci introduce un po' nella comprensione della testa di Kendrick (mettete a schermo intero):


Nel video, in diversi pezzi, Kendrick si trova sopra la città: in una macchina portata a spalla dai poliziotti, appollaiato su un semaforo, o camminando a mezz'aria. In generale, mentre per tutti la città viene vista o dalla strada o da una finestra, lui fa di tutto per vedere le cose da quei punti per la cui visuale la città non è stata progettata. 
Immaginiamo quindi che veda fatti che di solito non si vedono, e prospettive stradali diverse, e che venga a conoscenza di come sono fatti certi oggetti. Nel testo di Alright dice:

Che vuoi? Una casa o una macchina,
40 acri e un mulo, un pianoforte, una chitarra?
Qualsiasi cosa, davvero. Sai, mi chiamo Lucy2, sono la tua cagna,
Figlio di puttana, puoi vivere in un centro commerciale.
Vedo il male, lo capisco, so che è illegale
Ma non ci penso, metto in banca ogni piccolo zero.
Penso al mio amico che ha ridipinto e cromato la sua Regal.
Scavarmi nelle tasche non è un profitto, riesco a malapena a darti da mangiare.
La mia logica sta nel guadagnare almeno un dollaro in più al giorno
Per tenerti qua con il tuo chico.
Non ne parlo, non lo faccio vedere ogni volta che vedo qualcosa di figo.
Se è mio è anche tuo – paradiso, riesco quasi a toccarti.
Accarezzo, accarezzo, accarezzo il mio cane, tutto qua.
Mi rilasso e ci chiacchiero, spaccio per tutti voi.
Faccio rap, sono nero e sono sulla strada giusta – statene certi,
Scriverò dei miei gesti giusti e sbagliati finché non mi sentirò in pace con Dio.

“Avete visto?
Siamo stati male in passato,
Negri, quando non credevamo in noi stessi.
Guardavamo il mondo e ci dicevamo, “Da che parte andiamo?”
Negri, e odiamo la polizia
Che sembra ci voglia ammazzare per le strade.
Negri, sono alla porta del prete,
Mi tremano le ginocchia e potrebbe partirmi un colpo –
Ma andrà tutto bene.”

Negro, andrà tutto bene.
Negro, andrà tutto bene.
Mi senti, mi capisci? Andrà tutto bene.
Negro, andrà tutto bene.
Eh? Andrà tutto bene.
Negro, andrà tutto bene.
Mi senti, mi capisci? Andrà tutto bene.

E questo "alright" è ironicamente pessimista o è realisticamente realista? Il fatto è che lui vede la città da sopra un semaforo, per cui sa cose che altri non sanno. Che sappia veramente che tutto andrà bene?

martedì 4 ottobre 2016

Unsung Hero: Yoshikatsu Tsuboi

Yoshikatsu Tsuboi

Yoshikatsu Tsuboi (1908 – 1980)

Many of these images in this post were taken from the book Kenzō Tange: Architecture for the World, Edited by Seng Kuan and Yukio Lippit, in cooperation with Harvard University Graduate School of Design. For me, the most interesting chapter was the one written by Mamoru Kawaguchi, project leader for Yoshikatsu Tsuboi, Chief Engineer for the Yoyogi National Olympic Stadiums.

lunedì 3 ottobre 2016

In qualsiasi altro punto!


   E allora, dove? In qualsiasi altro punto. Questa è la risposta a chi, ascoltata la vostra critica su un oggetto posto in modo da formare una simmetria, vi chiede dove situarlo. In qualsiasi altro punto. Ne esiste solo uno radicalmente sbagliato: quello che si sceglie "spontaneamente", rigurgitando le convenzioni ataviche, introiettate nell'inconscio.
   Possiamo avvalerci di un esempio ancor più modesto di una finestra, con cui è agevole sperimentare: un quadro. Ecco una parete: dove appenderlo? Ovviamente, nel mezzo. Ebbene, in qualsiasi altro punto, a destra, a sinistra, più in alto o più in basso, ovunque meno che lì. Nel mezzo, spezza la parete in parti uguali, ne decurta le dimensioni visuali, le umilia, si lascia incorniciare dal muro isolandosi, invece di spaziare e far respirare l'ambiente.
   (...)
   Una stanza. Dove entrare? In qualsiasi altro punto che non sia nel mezzo di una parete. Ne bipartiremmo lo spazio. Anzi, in qualsiasi altro punto vuol dire nel punto convenientemente più decentrato, affinché si esalti la diagonale, la massima profondità. Per accentuare la visione in diagonale, perché non distaccare la porta d'ingresso dal piano della parete, inclinandola? Ottimo, la risemantizziamo, differenziandola dalle altre.
   La stessa stanza. Dove illuminarla? In qualsiasi altro punto che non sia al centro, onde non tripartire l'ambiente con una zona rischiarata tra due buie ai lati. Risemantizziamo la finestra in funzione dello spazio interno, qualificando la luce. Non v'è panorama su cui affacciarsi: allora, nastro a filo di pavimento, nastro (di altezza diversa, per evitare la simmetria) a filo di soffitto, nastri agli angoli per illuminare i piani. Nel prospetto della stazione di Roma, troviamo due asole di luce per piano, all'altezza della scrivania e del soffitto; dispositivo soddisfacente benché classicizzato da un'eccessiva allitterazione. Qualora si abbia la possibilità di aprire finestre da ambo i lati, non siano mai contrapposte: s'illuminerebbero a vicenda invece di portare luce nello spazio. Osservate la sala dei Mesi nella delizia di Schifanoia a Ferrara: ad ogni finestra corrisponde, di fronte, un pieno, sicché la luce irrora magnificamente i celebri affreschi estensi.

Bruno Zevi, Il linguaggio moderno dell'architettura

martedì 27 settembre 2016

Le città impossibili: Petropavlovsk-Kamchatsky


Con due vulcani che la guardano da vicino, una distesa di blocchi residenziali sovietici, un porto che un tempo era una base di sottomarini, Petropavlovsk-Kamchatsky è l'unica città della penisola della Kamchatka, isolata dal resto del mondo. Le temperature massime sono intorno ai 13°.
Una razionale città per operai costruita dai moscoviti quasi su un altro pianeta.




lunedì 19 settembre 2016

Henry Ossawa Tanner, Gesù e Nicodemo, 1899


Henry Ossawa Tanner, fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, fu fra i primi pittori afroamericani ad avere un certo successo.
In questa scena notturna due figure sono sedute sul tetto di un'abitazione. Lo spazio ed il tempo di questo soggetto sono riconoscibili a colpo d'occhio nella Palestina di duemila anni fa (altri pittori ambientano le scene della vita di Gesù nel proprio spazio e tempo, nel "proprio" dell'autore). Gesù parla e Nicodemo ascolta attento, forse pronto a fare domande. Non c'è nessuna estasi o sentimentalismo, non c'è altro che il racconto del fatto; lo stile stesso del quadro fa pensare più all'illustrazione di un libro che ad un quadro. E' un quadro che stranisce per la sua assenza di artisticità e di intellettualismo, sembra un quadro per "non esperti", un quadro fatto da uno che non ha cultura.
Si osserva quindi Gesù che parla come un qualsiasi uomo quando parla seriamente, che tiene gli occhi fermi e duri, che gesticola con una mano; l'importanza di quello che dice la si capisce da come Nicodemo è teso in avanti all'ascolto. Gesù gli sta spiegando l'inspiegabile, il "rinascere dall'alto", e tutto questo avviene non nell'iperspazio o fra gli angeli, ma quel giorno a quella data ora in quel posto. Come meglio rappresentare la scena se non togliendo ogni possibilità di interpretazione?

domenica 18 settembre 2016

Ipse Dixit: Van Gogh

Sono sempre più convinto, come del resto ho già detto a Isaäcson, che lavorando assiduamente dal vero senza dirsi preventivamente: "Vaglio fare questo o quest'altro", ma lavorando come se si facessero delle scarpe, senza preoccupazioni artistiche, non si farà sempre del bene, ma verrà il giorno in cui, anche non pensandoci, si troverà un soggetto di pari valore del lavoro di quelli che ci hanno preceduto. Si impara a conoscere un paese, che in fondo è completamente diverso da come ci è apparso a prima vista.
Vincent Van Gogh, Lettere a Theo

martedì 13 settembre 2016

150th Anniversary Edition of “Alice in Wonderland” Features Rare 1969 Salvador Dalí Illustrations

While glancing at Salvador Dalí’s paintings one might get the sense that they’ve tripped down their mind’s own rabbit hole, all of a sudden dropped within a barren wasteland filed with abstract objects and creatures.

mercoledì 6 luglio 2016

Tonalestate 2016 new topic: "Un mundo sin mañana" - L'héritage"

«J’ai bien tiré sur Dolokhov parce que je me croyais offensé par lui. Et Louis XVI, ne l’a-t-on pas exécuté parce qu’on le considérait comme un criminel ? Un an plus tard, on a guillotiné ceux qui l’avaient fait périr ; sans doute avait-on également des raisons pour cela. Qu’est-ce qui est mal, qu’est-ce qui est bien ? Que faut-il aimer, que faut-il haïr ? Pourquoi faut-il vivre, qu’est-ce que le moi ? »  c’est ainsi que le très noble et maladroit Pierre s’interroge dans le roman Guerre et Paix, un chef d’œuvre, comme La Recherche du temps perdu, dont nous, les hommes, ne saurions être dignes si Tolstoï et Proust, ces deux génies peut-être très peu lus,  ne nous en avaient rendus dignes.

Ces interrogations sont aussi celles qui se trouvent gravées dans l’âme des deux fiers paysans américains peints par Grant Wood en 1930, exemplaires de la force de persévérance et de la volonté de fondation propres aux pionniers et propres à quiconque ne se laisse leurrer ni par la bêtise, ni par l’inertie.

Ce sont également les interrogations contenues dans le thème ‒ l’héritage- que Tonalestate nous propose pour 2016 : que pouvons-nous laisser en héritage à nos enfants (et à leur tour,  que pourront-ils transmettre à leurs enfants ?) si nous ne savons pas qui nous sommes et si nous ne savons pas de quelle nature est la graine qu’aujourd’hui, avec prudence ou avec légèreté,  avec haine ou avec amour, nous sommes en train de semer, par notre vie même et par nos choix quotidiens ? Quel futur préparent pour nous ceux qui nous gouvernent et dont le visage nous est inconnu ? De même, à quel futur pensent leurs opposants lorsqu’ils les contestent, en utilisant les armes ou en diffusant des idées ? En 1974, Ali Primera, un révolutionnaire vénézuélien, chantait Un mundo sin mañana [Un monde sans lendemain] : des mots sans aucun doute très choquants, qui aujourd’hui, après plus de quarante ans, nous réveillent de notre mécontentement inquiet et inefficace.

Personne ne parvient  vraiment à penser à un monde sans lendemain et pourtant tout nous porterait à y croire. Les guerres, lointaines ou voisines, la faim, la misère, la pauvreté, l’esclavage, l’exploitation, les injustices, les brimades, les abus,  les affaires et les mauvais gouvernements : tout cela nous étonne malgré une répétitivité ancienne, rythmique, presque banale, cruelle. Impuissants face à tant de  morts injustes, voici notre futur : seules quelques maisons/ de briques anciennes, écarlates/ et, rares, les chevelures/ des tamaris plus pâles/ d’heure en heure : souffreteuses créatures/ perdues dans l’effroi des visions.

Mais est-ce vraiment tout ? Dans sa saga sur la douleur, Ungaretti implore, d’une voix légère et délicate comme une dentelle de Bruges, la résurrection de l’ange du pauvre entre ces briques anciennes et l’horreur de ces visions. Qui est donc cet ange du pauvre ? Est-ce moi ? Est-ce toi ? Est-ce nous ? Qui peut transmuer en un cœur vibrant la pierre ardente sur laquelle nous marchons et sur laquelle opèrent les esprits obscurcis de ceux qui nous gouvernent ? Qui peut faire sortir d’eux et de nous la gentillesse qui survit dans l’âme ?

Avec ses invités, en présence de jeunes et d’adultes unis par une amitié visant à faire exister cette gentillesse, Tonalestate nous permettra, comme chaque année, de rencontrer plusieurs de ces anges du pauvre, tout en nous faisant réfléchir profondément sur ces questions initiales que chaque homme devrait poser et devrait se poser non pas à l’âge de cent ans, mais au premier lever de ce sourire de l’aube que nous appelons l’adolescence.

Le sujet de 2016 est donc inquiétant et généreux, important et vital. Tandis que nous y réfléchissons et nous y préparons, Tonalestate, par sa vocation internationale, nous invite tous à « feel the burn ».

Tonalestate 2016 new topic: "Un mundo sin mañana" - L'eredità

“E io ho sparato su Dolochov perché mi sono ritenuto offeso; e Luigi XVI è stato giustiziato perché lo avevano ritenuto un criminale, mentre, un anno dopo, sono stati condotti a morte quelli che lo avevano giustiziato, anch’essi per un motivo o per l’altro. Che cosa è male? Che cosa è bene? Che cosa bisogna amare, che cosa odiare? Per che cosa bisogna vivere e che cosa sono io?”: così il nobilissimo e goffo Pierre s’interroga in Guerra e Pace, un capolavoro, come La recherche, di cui noi uomini  non saremmo probabilmente degni, se non ce ne avessero appunto resi degni Tolstoj e Proust, due umilissime genialità assai note e forse troppo poco lette.

Queste sono anche le domande scritte nell’anima dei due fieri contadini americani, segno della forza di perseveranza e di volontà di fondazione propria dei pionieri – e propria di chiunque non si lasci illudere dalla stupidità o dall’inerzia – dipinti da Grant Wood nel 1930. E sono le domande scritte dentro il tema – l’eredità – che il Tonalestate ci propone per la sua edizione del 2016: che cosa possiamo lasciare in eredità ai nostri figli (e, a loro volta, questi, che cosa trasmetteranno ai loro figli), se non sappiamo chi siamo e non sappiamo di che natura è il seme che oggi, con prudenza o leggerezza, con odio o con amore, piantiamo con la nostra vita e le nostre scelte di tutti i giorni? Quale futuro ci preparano coloro che ci governano e dei quali ci è in realtà sconosciuto il volto? E quale futuro hanno in mente quelli che a loro si oppongono con le armi o con le idee?

Un mundo sin mañana (un mondo senza domani) cantava, nel 1974, un rivoluzionario venezuelano, Alí Primera: parole indubbiamente scioccanti le sue, che ci svegliano, oggi, dopo oltre quarant’anni, dal nostro inquieto e inefficace scontento. Nessuno riesce davvero a pensare a un mondo senza domani, eppure tutto porterebbe a farcelo credere. Le guerre, lontane o vicine, la fame, la miseria, la povertà, la schiavitù, lo sfruttamento, le ingiustizie, le angherie, gli abusi, gli affari e i malgoverni: tutto questo ci sorprende, pur nella sua antica, ritmica, quasi banale e crudele ripetitività. Resi impotenti di fronte a tante ingiuste morti, eccolo il futuro: poche case/di annosi mattoni, scarlatte,/e scarse capellature di tamerici pallide/più d’ora in ora; stente creature/perdute in un orrore di visioni.

Ma è proprio soltanto così? Con leggerissima delicata voce, simile a un merletto di Bruges, Ungaretti, nella sua saga sul dolore, domanda il risorgere, fra quegli annosi mattoni e quell’orrore di visioni, dell’angelo del povero. Chi è mai questo angelo del povero? Forse sei tu? Forse sono io? Forse siamo noi? Chi può tramutare in un cuore che vibra la nostra focosa pietra sulla quale camminano e operano  le oscurate menti di chi ci governa? Chi può tirar fuori, in noi e in loro, la gentilezza superstite dell’anima?

Il Tonalestate, come ogni anno, con i suoi invitati e alla presenza di giovani e adulti uniti da  un’amicizia che desidera essere ed è parte di questa gentilezza, ci farà incontrare più d’uno di questi angeli del povero, oltre a farci riflettere a fondo su quelle iniziali domande che ogni uomo dovrebbe porre e dovrebbe porsi, non certo a cent’anni, ma al primo sorgere di quel sorriso dell’alba che chiamiamo adolescenza.

Un tema, dunque, quello del 2016, inquietante e generoso, importante e vitale e, mentre vi riflettiamo e a esso ci prepariamo, il Tonalestate, nella sua internazionalità, invita tutti a “feel the burn”.

martedì 5 luglio 2016

Palest'In & Out Festival - Paris, du 7 au 13 juillet 2016




Révéler la création palestinienne dans ce qu’elle a de plus contemporain, dans ses formes d’expressions, dans les sujets qu’elle aborde, c’est refléter le récit culturel actuel dans ce qu’il a de plus créatif, de plus sincère, de plus émouvant. C’est aussi contribuer à se réapproprier son image, réaffirmer son identité multiple trop souvent niée. Mais également se libérer des frontières imposées, et sortir de son exil intérieur.
C’est en quelques mots le travail qu’a entrepris l’Institut Culturel Franco-Palestinien dès sa création à Paris en 2012. Lourde responsabilité que de vouloir représenter les expressions artistiques contemporaines palestiniennes sur une scène française et notamment parisienne, plaque tournante de la culture au niveau mondial…
 
Sans partenaires solides, cette mission aurait été impensable. L’Institut Culturel Franco-Palestinien compte tout d’abord sur le soutien des institutions nationales françaises et palestiniennes, toutes réunies dans cette même conviction que l’accès à la culture et sa diversité est l’un des fondements de la démocratie, du respect de l’autre et de la cohésion sociale. 
 
Nous ne pourrions également prétendre représenter un échantillon de la culture palestinienne en France sans l’appui des organisations culturelles palestiniennes. Ce sont elles qui, au quotidien encadrent, encouragent les jeunes talents. Ce sont des lieux où les générations se rencontrent, hommes, femmes, tous milieux sociaux-professionnels confondus, où l’émotion provoquée par une représentation dépasse les clivages quotidiens, où les religions se rencontrent. Mais au-delà, ce sont les premiers défenseurs d’une société trop souvent fragilisée par la guerre. Ce sont les porteurs d’une société convaincue de ses droits, décidée à préserver son humanité. Ces organisations sont les garantes d’une société libre malgré l’emprise de l’occupation et de l’humiliation. 
 
A l’instar de la série We Breathe Freedom (Nous respirons la liberté), réalisée par le lauréat 2015 en photographie de 22 ans, Mahmoud Al-Kurd de Gaza, promouvoir la création contemporaine chez les jeunes artistes palestiniens à travers le Festival Palest’In & Out est une contribution à leur oxygène artistique, et se révèle être un projet phare de l’Institut Culturel Franco-Palestinien. 
 
Outre les acteurs institutionnels tels que les Ministères de la culture français et palestiniens, le Conseil régional d’Ile-de-France, la Mairie de Paris, les organisations culturelles palestiniennes, le Consulat général de France à Jerusalem et l'Institut français, le Welfare, la Mission de Palestine en France, l’Institut du Monde Arabe, la Maison des Cultures du Monde, l'Institut des Cultures d'Islam, le secteur privé palestinien, PADICO Holding s’engage dans des activités de responsabilité sociale à travers la promotion des Arts. C’est cet élan général qui nous confirme l’importance de la promotion de nos jeunes talents et leur envol vers le futur, comme magnifiquement représenté par le trophée créé par le brillant plasticien libanais, Ali Cherri pour l’édition 2015. 
 
Nous ne parlons pas ici d’une initiative à sens unique. Elle permet en effet de diversifier la scène artistique française, de présenter d’autres référentiels culturels, d’autres préoccupations humaines que les artistes nous rendent dans une esthétique et un discours créatif différents. Palest'In & Out permet un échange unique entre jeunes artistes palestiniens et leurs pairs. C'est une plateforme de visibilité pour ceux dont les ailes se déploient, avides de rencontres et d'apprentissages artistiques pour une société plus juste et plus libre. 

Programme complet: http://institut-icfp.org/page.php?id=3eb02y256770Y3eb02
 

Création: El Fiscal de De Petro (conseillé à tous ceux qui évitent le Festival d'Avignon et qui aiment, par conséquent, le théâtre)


venerdì 1 luglio 2016

Industrial Bank of Japan, Murano Togo


Nelle città dense si deve occupare il massimo dello spazio disponibile, per capitalizzare al massimo le risorse disponibili; e Tokyo è fra le città più densamente costruite al mondo. In questi casi, l'operazione più immediata e giusta è prendere i confini del lotto ed estruderli, creando un prisma avente come base il perimetro dell'area.
Murano Togo, architetto giapponese dalle mille sorprese, attivo per 60 anni e mai stanco, progettò in tarda età uno di questi prismi per la Industrial Bank of Japan. Se il corpo degli uffici sembra un normale edificio amministrativo, con colonne di finestre in stile anni '70-'80, Murano si inventa qualcosa di straordinario per quella parte del lotto più difficile, ossia la punta ad angolo acuto, la meno ospitante. Innanzitutto, ci mette dentro i locali tecnici: caldaie, impianti elettrici e di condizionamento, servizi. Rinuncia ai pavimenti: tutto il blocco è un unico locale alto dieci piani, inframezzato da travi e griglie metalliche. All'esterno, differenzia questa parte tramite un rivestimento in marmo, e piazza una finestra quadrata al centro. Apre le due pareti che convergono nello spigolo finale, lasciando una feritoia che mostra i locali tecnici per tutta l'altezza dell'edificio.
Poi, recupera al terreno uno spazietto, scavando la punta del blocco: ed ecco che 10 piani rivestiti di marmo fanno ombra ad un giardinetto formato da un laghetto. Piccola nota poetica, un vortice che trafora lo specchio d'acqua. Tutto questo apparato è risolto con l'eleganza di una curva mistolinea, studiata fin nei rivestimenti meno visibili, che è difficile da spiegare a parole come solo la buona architettura può essere.




 

sabato 11 giugno 2016

Driving in Tokyo



Video by Forever New Frontier - (https://www.youtube.com/channel/UCvze...)
Sound design by Daseyn for “The City: Fear and Desire"
Tracklist:
1 Transit - Venice - Fennesz
2 Fitter Happier - Ok Computer - Radiohead
3 Gravity (feat. Jana Hunter) - Lost - Trentemøller
4 City of Light - Venice - Fennesz
5 Outro (Mandatory) - Psyence Fiction - UNKLE

June 2016

venerdì 13 maggio 2016

martedì 26 aprile 2016

Parlerò con voi solo di bridge, di golf, di politica e di cravatte?




Leggere il piccolo principe da adulti.

La prima ragione è perché il suo autore, Saint Exupery, lo ha dedicato a una persona adulta. Quando poi spiega perché lo fa, uno dei motivi è che questa persona “è il migliore amico che abbia al mondo”, ma anche perché “questa persona ha fame, sente freddo e ha molto bisogno di essere consolata”. Sono ragioni più che valide per ognuno di noi, per dedicare questo testo a chi ha libertà di cuore.
Una seconda ragione è nella frase: “per coloro che comprendono la vita, sarebbe stato molto più vero, perché non mi piace che si legga il mio libro alla leggera”.
Una terza è che il racconto è scritto per non dimenticare un amico: “è triste dimenticare un amico”.
Infine perché: “posso diventare anch’io come i grandi che non si interessano più che di cifre”.

Lo scopo del viaggio del Piccolo Principe è la ricerca di chi gli possa offrire protezione per un fiore, unico, essenziale per la sua vita e per quella del suo pianeta. Cerca un amico, cioè cerca corrispondenza su un bisogno essenziale.
Gli incontri sui diversi asteroidi sono la lucida scoperta del mondo non solo fuori da noi ma anche di quello di cui siamo impastati: la smania di potere, l’accentramento egoista, la vergogna presuntuosa che non sa accettare la propria debolezza, l’affarista calcolatore, colui che fa dei propri interessi e del proprio compito una rocca inavvicinabile, quello che sa pensare agli altri soltanto se questi sono funzionali ai propri fini.
Ma “cosa diventerai se nessuno ti prende per mano per mostrarti le provviste di miele fatto non di cose ma del senso delle cose?” (A. de S.Exupery-la Cittadella)
Il comparire della volpe. Non un essere umano, come aveva tratteggiato fin lì, quasi un’amara considerazione; eppure la narrazione restituisce piuttosto la realtà dell’imprevisto simile all’apparire del Piccolo Principe all’aviatore disperso nel deserto.
Tutta l’esegesi che si è fatta sul verbo addomesticare cui la volpe vorrebbe essere soggetta non pare ancora esaustiva. Addomesticare cioè creare dei legami.
Corrispondenza, amicizia, legami, bisogno di realizzazione: questa come molta altra terminologia ha bisogno di pulizia, di liberazione da montagne di ambiguità.
Bisogna per forza citare di nuovo il testo nell’esempio del turco che parla dell’esistenza di un piccolissimo asteroide in un grande convegno. Lo fa vestito con i suoi abiti normali, quelli della sua tradizione, della sua identità. Nessuno ne tiene conto. Quando poi, obbligato da un dittatore a vestirsi all’europea, si presenta sulla scena con un elegantissimo abito occidentale, tutto il mondo fu con lui.

La realtà è che “Quando un mistero e’ cosi’ sovraccarico, non si osa disubbidire…… Ma i semi sono invisibili. Dormono nel segreto della terra fino a che all'uno o all'altro pigli la fantasia di risvegliarsi”.
Siccome il Mistero è straniero, il mondo cerca di dirci che è una banalità, perfino che non esiste, dal momento che non veste l’abito che gli vuole mettere addosso; non ha la fisionomia che il mondo gli vuole dare; non si lascia definire se non quando ti lasci addomesticare. Si serve di un amico che porta qualcosa di buono nella vita e di una domanda che, grazie a quell’incontro, si infittisce nel cuore, mai definitivamente risolta.
Addomesticare può essere sinonimo di amicizia come realizzazione del desiderio che brucia il cuore dell’uomo e che trova corrispondenza?
Gli sguardi che ci guardano dai campi profughi- o di prigionia- dei nostri giorni in Europa bruciano lo spirito perché cercano un amore che li corrisponda. La nostra impotenza, l’arroganza, l’ignavia preoccupata di perdere la propria tranquilla comodità, i pretesti dietro cui nascondiamo la nostra indifferenza sono la loro croce e la nostra piaga puzzolente.




giovedì 31 marzo 2016

Zaha Hadid, 1950-2016

Zaha Hadid, una delle più famose esponenti dell'architettura contemporanea, è morta per un infarto oggi. Irachena nazionalizzata inglese, è stata forse la più famosa "archistar" dopo Gehry, e per questo oggetto di mille polemiche e invidie da una parte, e di "osanna!" dall'altra.
Abbiamo visitato il MAXXI di Roma, e riconosciamo un talento ed un coraggio che vanno oltre la semplice provocazione che a volte è sembrata avere. Zaha Hadid era di certo una persona capace.


domenica 13 marzo 2016

Resistance through art

Omar Barghouthi, Ilan Pappé, Mazin Qumsiyeh among speakers at Forum in April


Omar Barghouthi, Ilan Pappé, Mazin Qumsiyeh among speakers at Forum in April

In April 2016, The Freedom Theatre will celebrate its tenth anniversary with a six-day festival of Palestinian performing art and a forum on cultural resistance. The anniversary will bring together Palestinian theatre companies, performers and scholars, with the aim of exploring the role of the arts in the broader Palestinian popular struggle movement.  
Speakers at the Forum and Festival will include:
Alaa Hlehel: Post-colonialism and the role of culture
Alaa Hlehel is an author, playwright and journalist. He has an MA in Mass Communication and Fine Arts from Haifa University and is the chief editor of Qadita website for literature and culture. Hlehel is also a translator for human rights and cultural organisations as well as a translator of books and plays.
Moderator: Nabil Al-Raee, Artistic director of The Freedom Theatre, theatre director and playwright, actor and instructor, trained with Theatre Day Productions.
Hala Nassar: Cultural production and confusing agendas
Hala Nassar is a lecturer, researcher and writer on Arab/Palestinian theatre, literature and drama. She is considered the first Palestinian academic to focus on Palestinian theatre in Western academia. Her book on the history of Palestinian theatre is forthcoming and she is co-editor of Mahmoud Darwish; Exile’s Poet.
Moderator: Mervat Ayash, Artist and lecturer in interior design at An Najah University, member of the board of The Freedom Theatre.
Ilan Pappé: Culture confronting occupation
Ilan Pappé is a historian, professor at Exeter University and director of the university’s European Centre for Palestine Studies, author of among other books The Ethnic Cleansing of PalestineThe Modern Middle East, and A History of Modern Palestine: One Land, Two Peoples.
Moderator: Gabriel Varghese, Co-artistic director of Sandpit Arts (UK), writer and theatre director, recently completed his Ph.D. at Exeter University on the history of Palestinian theatre after the first Intifada.
Khaled Katamesh: Art under occupation – experiences and common goals
Khaled Katamesh is the director of El Funoun Dance Troupe and a co-founder of the Popular Art Centre. He is a former dancer, instructor and choreographer.
Moderator: Ramzi Abu Radwan, Musician, composer and founder of Al-Kamandjati music society and Dal’ouna ensemble.
Mazin Qumsiyeh: Conceptual dilemmas about cultural resistance
Mazin Qumsiyeh is an author, professor, lecturer and researcher at Bethlehem and Birzeit Universities and director of the Palestine Museum of Natural History and Institute for Biodiversity Research. He has published hundreds of articles and talks and several books, including Mammals of the Holy Land, Sharing the Land of Canaan: human rights and the Israeli/Palestinian Struggle and Popular Resistance in Palestine: A history of Hope and Empowerment.
Moderator: Manal Tamimi, Activist in the popular resistance in Nabi Saleh, member of the Popular committee against the wall and settlements in Ramallah.
Omar Barghouthi: Effective popular resistance – the cultural boycott model
Omar Barghouthi is an author, researcher and human rights activist. He is the founding committee member of the Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (PACBI) and co-founder of the Boycott, Divestment and Sanctions movement.
Moderator: Shahd Zakarneh, Youth activist, law graduate from Arab American University, member of Jenin Municipality and considered the youngest member of all local committees in Palestine.
Reem Talhami: Women, theatre and resistance
Reem Talhami is a singer and actress who has released several albums and is often featured in festivals around the Middle East. She is a former teacher at National Institute of Music in Jerusalem and Ramallah and performer with El Hakawati – Palestinian National Theatre and Al Kasaba Theatre.
Moderator: Eman Nazzal, Feminist activist leader in the Jenin area, coordinator of Palestinian women’s affairs technical committee, head of the women committee of Al Fatah in Jenin.
Sudhanva Deshpande: What’s next?
Sudhanva Desphande is an actor and director with Jana Natya Manch street theatre company, India, and editor with LeftWord Books publishing company.
Moderator: Faisal Abu Alhayjaa, Actor, theatre instructor and director with The Freedom Theatre and actor with Red Noses Clowndoctors Palestine. 
Roundtable discussion: The role of culture in unifying resistance
Ayman Yousef, Professor in Political Sciences and International Relations, Dean of Arts Faculty at Arab American University.
Alam Massad, Painter in plastic arts featured in local and international exhibitions, chairman of the board of Naqsh Troupe, activist in social and prisoner issues.
Iyad Staiti, Musician and director of Al-Kamandjati, music instructor, key figure in popularising oriental music.
Other speakers:
Baraa Sharqawi, Photography instructor at The Freedom Theatre.

Bilal Saadi, Chairman of the board of The Freedom Theatre, member of Jenin Refugee Camp Popular Committee and secretary for the Youth Centre in Jenin Refugee Camp.
Jonatan Stanczak, Managing director and co-founder of The Freedom Theatre, former producer at The Swedish National Touring Company, coordinator at The Palestine Solidarity Association in Sweden, and active in the BDS movement in Sweden.
Mustafa Sheta, Journalist and researcher, secretary of the board of The Freedom Theatre, coordinator of the Theatre Festival and Forum on Cultural Resistance.
Mohammed Moawia, Multimedia coordinator at The Freedom Theatre, filmmaker, photographer and graphic designer.

Performances at the Theatre Festival will include
The Siege by The Freedom TheatreSearching for Handala by Yes TheatreConfession by Quds ArtTaha by Amer Hlehel15 seconds in Gaza by Mo’min Switat, and a circus performance byThe Palestinian Circus School.
The program will also include theatre and dance workshops, photography and art exhibitions, film screenings, guided tours and much more.

#TFT10

venerdì 11 marzo 2016

CUANDO LA FOTOGRAFÍA COBRA VIDA



Alejandro Matzar
Fotógrafo profesional guatemalteco
11/03/2016 | 6:30 PM
AULA D-14, DE LA UNIVERSIDAD
CENTROAMERICANA
"JOSÉ SIMEÓN CAÑAS" (UCA).


mercoledì 9 marzo 2016

Kazuo Shinohara’s Houses



via Misfitsarchitecture
The 1950s in Japan were a time of rediscovery and renewal in art,



graphics,



furniture,



photography,



ceramics,



woodblock prints,



cinema,



literature,



textile design,



and architecture.

Kazuo Shinohara was a Japanese architect who lived 1925–2006. This is his first house, House in Kugayama, completed 1954.

lunedì 7 marzo 2016

Lorenzo e Jacopo Salimbeni, Crocifissione


E' il racconto della crocifissione di Gesù come fatto che riguarda il tempo: accade nel contemporaneo di chi lo ha dipinto, come si osserva dalle vesti e dai volti dei personaggi; e accade mentre accadono tante cose di minor importanza, come bambini che scappano dalle madri o cani che si spulciano. E mentre le donne si disperano e si strappano i capelli, altri non mostrano nessun segno di attenzione. Il centurione che pronuncia: "Davvero questo è il figlio di Dio" è specchiato rispetto a Longino; l'uno solenne e cosciente di aver detto qualcosa di rischioso, l'altro impaurito e dubbioso. Insomma, questo avvenimento così decisivo, da cui dipendono così tante cose, non obbliga l'intelligenza di nessuno; davanti al fatto ognuno reagisce diversamente.
Sopra le scene umane, accadono quelle divine, dipinte in modo molto intellegibile: l'anima di un ladrone viene portata via dal diavolo e l'altra anima viene presa in custodia dall'angelo; e sopra la croce fiorisce una pianta dove si trova il nido del pellicano, che si strappa la carne per nutrire i suoi figli.


venerdì 4 marzo 2016

A brand new musical instrument


Swedish musician Martin Molin has long had experience with esoteric instruments like the glockenspiel, traktofon, or Theremin, but he may have topped his musical prowess with the invention of his own new instrument: the Wintergatan Marble Machine, a hand-cranked music box loaded with instruments including a circuit of 2,000 cascading steel marbles. As the devices cycles it activates a vibraphone, bass, kick drum, cymbal and other instruments that play a score programmed into a 32 bar loop comprised of LEGO technic parts. The marbles are moved internally through the machine using funnels, pulleys, and tubes.
Molin began work on the marble machine in August 2014 and hoped to spend about two months on the project. Its complexity soon spiraled out of control as all 3,000 internal parts had to be designed and fabricated by hand, a time-consuming process that eventually took 14 months. An early version was designed using 3D software, but it was easier for Molin to create parts on the fly leading to it’s Frankenstein appearance. The musician shared much of his progress in regular video updates that he shared on YouTube.
Despite the extreme interest an oddity like the Wintergatan Marble Machine is bound to generate—especially on the internet—don’t expect to see it on tour anytime soon, as the contraption has to be completely disassembled to move it. Molin hopes to build additional music devices, some smaller, or perhaps more suited for transport. You can read a bit more about it on Wired UK.

Le città estive quando non è estate



domenica 28 febbraio 2016

Sugar Hill in Manhattan



With the price of real estate so dear, every new building in New York comes with big expectations, but this one more than most. The $84 million subsidized housing complex in Upper Manhattan called Sugar Hill Development has outsize ambitions.
It has been conceived to serve some of the very poorest New Yorkers, who will move into anything but a run-of-the-mill building. Designed by a marquee architect, with no concessions to timid taste, the project aspires to must-see status.

venerdì 26 febbraio 2016

Jeanne d'Arc Le procès de Rouen (21 février-30 mai 1431)


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Au cœur du procès qui condamna la Pucelle d'Orléans, Maître Jacques Trémolet de Villers, plaideur des plus importants procès politiques de ces dernières décennies, décrypte les paroles échangées et nous livre, en voix off, son commentaire jour après jour. 
Il introduit son lecteur dans la salle, lui fait comprendre les convictions des parties, et surtout lui fait saisir le courage sensible du personnage de Jeanne. 

En librairie le 18 janvier (éditions Les Belles Lettres)






Le 21 février 1431 s'ouvre l’un des plus fascinants et décisifs procès de l’Histoire : celui de Jeanne d’Arc.

Cette jeune fille de 19 ans, prétendue analphabète, hallucinée, hérétique, sera en moins de cent jours condamnée à être brûlée vive.


Dès le premier interrogatoire, les juges, Cauchon en tête, assènent les coups. Ils sont abbés, docteurs en théologie, familiers du droit canon, décidés à la faire plier.


Dès sa première parole, Jeanne, seule à la barre, déjoue les pièges des hommes d’Église et de loi. Elle fait preuve d’un ton libertaire, habile et plein d’humour qui les déstabilise par la force de sa sincérité.
Les voix, puisque c’est là l’essentiel, portent.


Cent jours durant, va se jouer, en cette froide salle d’audience, l’éternel combat de la vérité.
Tout procès se conclut dès la première audience. Jacques Trémolet de Villers, plaideur des plus importants procès politiques de ces dernières décennies, décrypte les paroles échangées et nous livre, en voix off, son commentaire jour après jour. Il introduit son lecteur dans la salle, lui fait comprendre les convictions des parties, et surtout lui fait saisir le courage sensible du personnage de Jeanne, jusqu’à craindre l’issue… ll y a du bon dans la procédure. Elle conserve, comme des pierres précieuses dans une châsse, un véritable trésor, et demeure en dernière analyse la seule raison sérieuse d’organiser la justice des hommes. 

Le texte intégral du procès, seul témoignage à faire véritablement entendre Jeanne, a été élaboré, de façon minutieuse, à partir des actes authentiques (les minutes conservées en latin et en français), vérifiés aux meilleures sources et complétés par les dépositions du procès d’annulation.

Jacques Trémolet de Villers a plaidé de nombreuses affaires civiles et pénales à caractère politique, idéologique et médiatique. Écrivain, il a publié une biographie du célèbre avocat du XIXe siècle Pierre-Antoine Berryer, Aux marches du palais, de même que Heureux qui comme Ulysse, commentaire de son anthologie de la poésie française Vingt-quatre poèmes que nous devrions savoir par coeur pour les dire à nos enfants. Il poursuit son travail avec cet « Évangile selon Pilate » qu’est le procès de Jeanne d’Arc.